REGOLAMENTO ARPA PIEMONTE: UN ALTRO TASSELLO PER DEPOTENZIARE LA CAPACITA' D'AZIONE DELL'AGENZIA

Torino -

Alla Giunta regionale del Piemonte

 

e p.c. alla V commissione permanente del Consiglio regionale del Piemonte

 

ai Lavoratori di Arpa Piemonte

 

 

Oggetto: osservazioni sul regolamento di Arpa Piemonte

 

Il nuovo regolamento di Arpa Piemonte, varato in seguito all’approvazione della Legge Regionale 18 del 2016, è l'ennesimo tentativo di riorganizzazione dell'Agenzia intentato dall’Ing. Angelo Robotto da quando è Direttore Generale. In questi quattro anni Arpa Piemonte è stata oggetto di continui interventi riorganizzativi con finalità eterogenee, a volte opposte fra loro, e con modalità attuative improvvisate: sospensioni, proroghe, provvedimenti temporanei, pure e semplici dimenticanze. Interventi che hanno portato da un lato ad estenuanti processi riorganizzativi non ancora conclusi, dall'altro ad una serie di scelte che hanno ridotto la capacità d’azione dell’Agenzia.

Le ultime modifiche si sommano ai processi già avvenuti, in particolare dopo l’approvazione della Legge regionale 1 del 2015 e del piano di “riorganizzazione” dei Laboratori. Ed è solo all'interno di una visione complessiva che emerge il risultato finale: un'Arpa stremata, depotenziata e destrutturata. Perché gli interventi più pesanti hanno già prodotto i loro effetti negativi, in particolare sui dipartimenti territoriali (ex provinciali) e sui laboratori.

Anzitutto va detto che oggi si interviene interpretando la normativa regionale in modo “elastico", per far tornare conti che non tornano, mentre due anni fa il Direttore Generale aveva interpretato la L.R. 1/2015 alla lettera per costruire “quattro Strutture Complesse periferiche”, megastrutture dipartimentali territoriali che non hanno mai funzionato. Oggi la "struttura centrale unica” della norma regionale si è tradotta in un'idra a 8 teste, e cioè 6 Strutture Complesse (quattro dipartimenti tematici e due strutture complesse amministrative) e 2 Strutture Semplici di proprietà esclusiva del D.G.. Non abbiamo mai condiviso la scelta dei 4 dipartimenti territoriali e la decisione di definire l'organizzazione dell'Agenzia attraverso vincoli normativi regionali basati su presunte esigenze di economicità che non tengono conto della necessità di preservare ed accrescere la funzionalità delle nostre strutture organizzative. Il fallimento del dipartimento del Piemonte Nordest, che ha inglobato le strutture dipartimentali provinciali di Biella, Novara, Vercelli e Omegna, palesato nella sua gravità e complessità (evidenti anche al di fuori dell'Agenzia) dalle recentissime dimissioni del suo dirigente responsabile e le difficoltà di quello del Sudest (Asti e Alessandria) confermano la correttezza della nostra scelta.

Il fallimento della cosiddetta Rete laboratoristica, prima ancora che nella percezione dei lavoratori, è nei numeri dei campioni analizzati. L'impietoso saldo negativo nel periodo 2014-1016 (circa il 10% dei campioni persi) è il semplice e prevedibile risultato di una riorganizzazione che non ha considerato in alcun modo l'aspetto di fattibilità e che è stata portata avanti in forza di presunti risparmi di cui non si vede traccia, a dispetto di evidenti criticità emerse e non risolte. Anche in questo caso, il nuovo regolamento avrebbe potuto e dovuto tener conto della compressione al di là del ragionevole a cui è stato sottoposto il nostrosistema laboratoristico, e trarne qualche conseguenza. Sui Laboratori prosegue invece l’azione di livellamento verso il basso, con la riduzione di peso delle specializzazioni che nella logica di “rete” della Legge nazionale n° 132/2016 avrebbero potuto e dovuto invece trovare visibilità sull’esempio di Arpa Emilia Romagna, che nel proprio regolamento valorizza le specificità locali piuttosto che mortificarle, come ha fatto e continua a fare l’ing. Robotto.

Di fronte a tale situazione, una modifica regolamentare avrebbe richiesto la revisione di questi atti già approvati ed in parte attuati.

Invece, mentre i dipartimenti territoriali vengono abbandonati a se stessi, sulle Strutture centrali si interviene con un “manuale cencelli” ad hoc, disegnato sul peso politico ed il potenziale empatico (nei confronti del Direttore Generale) dei dirigenti incaricati e inacricabili. L'attuale riorganizzazione regolamentare viene costruita intorno alle figure dirigenziali, con alcuni interventi mirati come quello nei confronti della struttura di Epidemiologia o come il mantenimento della separazione artificiosa tra il responsabile del Servizio di prevenzione e protezione ed i suoi addetti.

Anche le aree funzionali spariscono solo formalmente. L'Area Funzionale Tecnica (AFT) ricompare con il nuovo nome di “Coordinamento servizi, ICT e promozione ambientale”, ulteriormente potenziata e con una declaratoria di funzioni di "coordinamento" che le attribuiscono un rilievo gerarchicamente sovraordinato nei confronti delle altre Strutture tematiche. Una scelta di continuità fatta ignorando l’incapacità dimostrata negli ultimi anni dalla AFT di essere riferimento nei processi di riorganizzazione, dove le scelte centrali sono state di fatto subite integralmente e passivamente  dalle strutture "periferiche". Le funzioni dell’Area Funzionale Amministrativa passano in toto alla S.S. Ufficio Programmazione e Controllo, sotto la diretta dipendenza del D.G. (staff della Direzione Generale), con l’eccezione della “adozione, aggiornamento e gestione del Catalogo dei servizi e del Tariffario” che viene attribuita alla nuova S.C. Coordinamento servizi, ICT e promozione ambientale e cioè alla ex AFT.

Le “valutazioni ambientali” sono tutte orientate alle grandi opere. L’amianto diventa solo “amianto naturale” (ed il riferimento al terzo valico è evidente). L’epidemiologia ambientale è mirata agli effetti delle opere: guai ad uscire dal seminato con affermazioni e inchieste, il caso di Vercelli insegna. Quindi basta con la “ricerca e documentazione sugli effetti sanitari dei fattori di rischio ambientale presenti sul territorio regionale” e con la “realizzazione di servizi previsionali funzionali alla tutela della salute inerenti la contaminazione ambientale”. Attività con rilevanza marginale vengono assunte a Strutture, mentre altre definite nelle normative nazionali e regionali si dissolvono nella nuova riorganizzazione, come ad esempio quelle legate alle aziende a rischio di incidente rilevante. La scelta di collocare formalmente la sede principale della struttura Amianto (naturale) a Casale Monferrato risponde ad esigenze di "immagine" e non ha alcun legame con l'attuale organizzazione e funzionalità del centro regionale amianto dislocato su due sedi (Grugliasco e Casale) che hanno maturato nel tempo specificità di intervento ben definite.

D’altra parte la nuova AFT è tutta orientata verso la rappresentazione di una “immagine coordinata” che nasconde sotto il tappeto tutti problemi irrisolti dell’Agenzia: nel nuovo regolamento scompaiono tutti i riferimenti del vecchio regolamento allo sviluppo coordinato ed integrato del sistema informativo (s.i.), riassunti in un generico “sviluppo e la gestione del Sistema informativo secondo criteri di interoperabilità con il Sistema informativo regionale e la gestione delle basi dati ambientali e geotematiche”, senza alcun riferimento all’interfaccia con il s.i. aziendale sui generis secondo criteri di organicità e di interoperabilità effettiva (non solo teorica) e cioè di integrazione.

Insieme al Regolamento, sono state adottate la carta dei servizi e lo Statuto. La "carta dei servizi", dopo le ipotesi sviluppate e discusse in Commissione ambiente nell’audizione della RSU di Arpa Piemonte, che avrebbero dovuto portare finalmente ad uno strumento in grado di connaturare l'Agenzia di una identità chiara, si è di fatto ridimensionata e trasformata nella sostanziale traduzione dell'attuale "catalogo dei servizi", ovvero in una sommatoria indeterminata delle attività svolte. E questo nonostante che il tempo intercorso tra la proposta di legge e la sua approvazione avrebbe potuto permettere una più chiara definizione in attesa degli interventi nazionali sui LEPTA. Lo stesso vale per lo Statuto, dove (come accade nel Regolamento) artifizi linguistici e piccoli giochi di prestigio hanno di fatto permesso di aderire alla norma quando si vuole e di eluderla quando non si vuole.

Dal nuovo regolamento scompaiono tutti i riferimenti al “dialogo” ed alla “capacità d’ascolto”, mentre dall’articolo dedicato alle politiche per il personale e la formazione svanisce la commissione paritetica. Scompaiono anche i riferimenti alla pianificazione strategica, alla valutazione strategica ed alla direzione strategica, che non abbiamo comunque mai visto.

In ottemperanza alla scelta accentratrice si riduce il potere decisionale dei dirigenti non apicali, in una logica sostanzialmente opposta al decentramento amministrativo. Il Direttore Generale avoca a sé stesso la redazione del regolamento della Conferenza dei responsabili di S.C., sottraendolo (in quanto regolamento interno) all’esame e all’approvazione della Regione (art.12). I dirigenti di S.C. non danno più alcun supporto al D.G. nella individuazione dei coordinamenti tematici (art.17) e non si rapportano più “con la Direzione Generale per tutte le decisioni di carattere istituzionale che coinvolgono l’Agenzia e i suoi prodotti”. Scompare il precedente riferimento alla “autonomia e [al]la responsabilità tecnico scientifica dei singoli Dirigenti che operano all’interno della loro Struttura organizzativa”, mentre i compiti di cui al regolamento vigente vengono dettagliati, seguendo una logica evidente: il dettaglio è una riduzione del margine discrezionale e cioè del potere dirigenziale (art.20). Con la medesima logica vengono dettagliate all’eccesso anche le funzioni dei dirigenti di S.S. (art. 21) mentre i dirigenti professional vengono privati della possibilità di usufruire di capitoli di spesa ad hoc per il raggiungimento dei loro obiettivi (art.27).

Le funzioni di staff sono sostanzialmente duplicate: tutte le vecchie attribuzioni (artt. 19-23 del regolamento vigente, ora artt. 13-16), sono confermate e potenziate, con specificazione formale della loro diretta dipendenza funzionale e gerarchica dal Direttore Generale. La duplicazione avviene con la formalizzazione delle due SS.SS. direttamente dipendenti dalla Direzione Generale (Sistema di gestione integrato e Ufficio Programmazione e Controllo, artt.35-37 del nuovo testo). L’articolo 16 sancisce formalmente il controllo diretto della Direzione sull’Ufficio Stampa, nell’ottica del controllo del reporting istituzionale esterno. La gestione del diritto d’accesso ai documenti amministrativi e ai dati ambientali viene sussunta sotto la S.C. Dipartimento Affari Amministrativi.

 

Un Regolamento approvato in spregio di qualsiasi possibilità di confronto sindacale, tradotto in un breve incontro “informativo” svoltosi il 19 gennaio 2017 e nella richiesta, contraria alle più elementari norme del dialogo sindacale, di invio di osservazioni in forma scritta entro la giornata successiva.

Un Regolamento che non affronta alcun problema organizzativo dell’Agenzia, che serve solo a ridefinire i rapporti interni tra il Direttore Generale e i Dirigenti, ed a riassegnare gli incarichi. Il rimpasto delle Strutture è un gioco delle tre carte, un pasticcio confusionario che sposta un pezzo qua e un pezzo là ma in sostanza cambia poco e non risolve niente, anzi peggiora le cose. L’unica cosa che cambia davvero, rispetto al vecchio regolamento, è il potere attribuito al D.G., che cresce a dismisura.

Un regolamento che viene varato dopo continue riorganizzazioni e ad un anno dalla scadenza del mandato del Direttore Generale, preludio di future ed ulteriori modifiche: durerà un anno, forse due, poi la giostra delle modifiche regolamentari si rimetterà in funzione.

Un atto di forza del Direttore Generale, che esprime disprezzo per i lavoratori, sfiducia nella dirigenza,incapacità di dialogo e volontà accentratrice, e che non affronta nessuno dei veri problemi di Arpa.

Un Regolamento che non può essere emendato, ma semplicemente respinto.

La vera e unica modifica regolamentare oggi utile ad Arpa Piemonte è rimettere nelle condizioni di operatività le strutture complesse dipartimentali e la rete laboratoristica, con un’applicazione flessibile della norma regionale, rivedendo le scelte sbagliate attuate dal Direttore Generale.