Rider, la sentenza di Torino su Glovo è una vittoria a metà: quello dei fattorini è lavoro subordinato ma la sicurezza non viene tutelata. Slang USB indice un’assemblea per giovedì 26
Lunedì pomeriggio il tribunale di Torino ha emesso la sentenza riguardo alla causa collettiva contro Glovo, che rivendicava tre punti fondamentali, ancora assenti nel mondo di quotidiano sfruttamento delle consegne a domicilio:
- il riconoscimento della subordinazione del lavoro dei rider con l'annesso pagamento delle differenze salariali calcolate in base all'orario di lavoro effettivo (da quando si accede all'app a quando ci si scollega);
- la mancata tutela della sicurezza dei propri lavoratori;
- la mancata trasparenza dell'algoritmo e la conseguente natura discriminatoria dello stesso verso i rider che si organizzano e scioperano.
Il primo punto è stato riconosciuto dal tribunale: i rider devono essere pagati per le ore di lavoro svolte che comprendono le pause, lo spostamento e l'attesa della consegna. Infatti, nonostante le molte sentenze vinte, ancora le aziende di delivery si ostinano ad assumere i lavoratori con contratti da finti autonomi (non va molto meglio in termini di salario e sicurezza ai rider contrattualizzati con gli accordi peggiorativi tra Cgil-Cisl-Uil e Just Eat).
Nascondendosi dietro a questa presunta autonomia del lavoro dei rider le aziende non si preoccupano affatto della sicurezza dei lavoratori. Sotto questo aspetto mancano tutte le tutele: dalle visite mediche prima e durante il periodo lavorativo alla dotazione dei mezzi di sicurezza, come il casco, dei mezzi stessi e della loro manutenzione. Ma l'attacco alla salute e alla sicurezza dei rider non finisce qui, è ancora più subdolo: il funzionamento dell'algoritmo crea un circolo vizioso per cui più consegne fai più turni di lavoro puoi prenotare. Questa pazza corsa a cui sono costretti i rider per guadagnare due briciole li porta ogni giorno a rischiare la vita. Per questo nella sentenza si richiedeva anche il risarcimento del danno inflitto ai rider legato al rischio di infortunio e di morte a cui quotidianamente sono sottoposti. Ed è ancora più amara la decisione del tribunale di Torino di respingere questa richiesta, perché avviene proprio nello stesso giorno in cui arriva la notizia dell’ennesimo incidente a danno di un rider al lavoro, che è stato investito domenica sera nell’area metropolitana di Milano, con la conseguente amputazione di parte di una gamba.
La Corte di Torino si è espressa negativamente anche sulla natura discriminatoria dell'algoritmo che regola il funzionamento sopra descritto. Chi contro questo sistema di moderna schiavitù vuole organizzarsi e scioperare continua a trovarsi davanti al ricatto dell'abbassamento del punteggio dell'algoritmo - e di conseguenza della possibilità di prenotare i turni per poter lavorare - che incide non sulla giornata di sciopero, ma si proietta sui giorni a venire, causando ovviamente gravi perdite economiche a lavoratori già estremamente sottopagati. In questo si vede il tentativo cosciente di rendere la lotta per i propri diritti materialmente insostenibile per la maggior parte dei rider, attraverso il dispositivo dell’algoritmo che ha la precisa funzione di oscurare le responsabilità e i fini di chi lo programma - le aziende di food delivery - dietro a una supposta neutralità della tecnologia.
Ribadiamo la necessità dell’apertura di un tavolo in cui oltre ad Assodelivery e Just Eat siano presenti le istituzioni territoriali, che prendano posizione di fronte a tale sfruttamento e noncuranza nei confronti dei diritti dei rider e impongano soluzioni alle aziende di food delivery, partendo dall’applicazione del CCNL Logistica per tutti i rider di tutte le piattaforme senza deroghe di alcun tipo, dall’obbligo da parte dell’azienda di fornire mezzi di trasporto e di sicurezza, compresa la loro manutenzione, dalla creazione di hub logistici con docce, spogliatoi e aria condizionata dove aspettare le consegne e dalla trasparenza dell’algoritmo riguardo all’assegnazione del punteggio.
Lanciamo per giovedì 26 gennaio una nuova assemblea per continuare la mobilitazione.
Slang USB Milano