TORINO, UN BANCHETTO SENZA I LAVORATORI
Oggi a Torino si sono incontrati le Istituzioni, la Fiat ed il sindacato confederale. Gli unici assenti al tavolo (in quanto non invitati) erano proprio i lavoratori su cui sono state prese le decisioni più amare, uno stillicidio continuo frutto di una politica di lacrime e sangue che si traduce in un continuo taglio del salario e di alcuni diritti fondamentali conquistati a prezzo di dure lotte; politica che dura ormai da troppo tempo.
Un consistente presidio di lavoratori della Fiat e delle fabbriche dell’indotto, ha rumorosamente protestato dichiarando uno sciopero di 4 ore per affermare che le vetture le producono i lavoratori, e per pretendere il diritto alla trattativa, in quanto unico soggetto che subisce le trasformazioni decise unilateralmente dal diktat Fiat.
La costituzione della newco “Fabbrica Italia” conferma che sono cambiate le regole in questo Paese, con il beneplacito di governo e sindacati concertativi.
Chi affermava che Pomigliano sarebbe stato un caso a sé stante, oggi non solo è smentito dai fatti, ma partecipa convintamente a questo nuovo processo.
L’assenza della Fiom oggi in piazza indica che c’è una normalizzazione all’interno della Cgil, che non possiamo non considerare contigua alle scelte di Cisl, Uil e Fismic.
I fischi che la piazza di Torino ha deputato ad Epifani non erano diretti solo a lui, ma a tutta quella parte del sindacato che ad egli fa riferimento, che ritiene di poter svolgere, contemporaneamente, un ruolo di governo e di opposizione fortemente dannoso per i lavoratori.
L’USB, che ha voluto rappresentare la contrarietà dei lavoratori verso il piano Marchionne, ritiene che questa kermesse sia stata perpetrata esclusivamente per chiedere più soldi allo Stato (quindi ai contribuenti), allo scopo di continuare a smantellare i diritti della classe lavoratrice nel suo insieme, partendo dal nocciolo duro dei metalmeccanici della Fiat.
Ufficio Stampa USB - Torino