VE LA DO IO L'AMERICA

Torino -

Il pensiero di molti italiani, nei tempi duri che stiamo attraversando, curiosamente si volge all’America; essa fa parte, ormai, dell’immaginario collettivo: per alcuni è "la più potente democrazia del mondo", per altri un impero costruito sul sangue dei lavoratori; il paese delle opportunità individuali, ma anche quello dove avvenne la strage di lavoratori che si commemora ai nostri giorni il 1° maggio (Chicago, 1° maggio 1886). Molti inseguono il cosiddetto "sogno americano" senza rendersi conto della tensione che cova sotto la superficie di una società tanto divisa da esplodere incontrollabilmente in occasione di grandi cataclismi come l’uragano che rase al suolo New Orleans. Howard Zinn, nel suo libro più famoso ("A People's History Of The United States"), così descrive la realtà americana:

 

"One percent of the nation owns a third of the wealth. The rest of the wealth is distributed in such a way as to turn those in the 99 percent against one another: small property owners against the propertyless, black against white, native-born against foreign-born, intellectuals and professionals against the uneducated and unskilled. These groups have resented one another and warred against one another with such vehemence and violence as to obscure their common position as sharers of leftovers in a very wealthy country."

 

"L’uno per cento della nazione possiede un terzo delle sue ricchezze. Quello che resta è distribuito in modo da mettere il restante 99 per cento in competizione gli uni con gli altri: piccoli proprietari contro nullatenenti, neri contro bianchi, indigeni contro immigrati, intellettuali e professionisti contro non educati e non professionalizzati. Questi gruppi si sono contrapposti gli uni agli altri e si sono combattuti con tale veemenza e violenza da oscurare la propria posizione di condivisori degli avanzi delle risorse di un paese ricchissimo." (Traduzione libera).

 

In un’Italia enormemente più povera di risorse se ne vorrebbero imitare le strategie liberistiche, ignorando quanto siano costate in termini di vite umane. Zinn ce lo racconta (attingendo ad accurate statistiche e alle pagine dei giornali che, nell’epoca dell’affermazione "rampante" del liberismo, la documentarono): nel 1914, i morti sul lavoro erano 35.000, i feriti 700.000. Da allora, in tutto il mondo, le statistiche hanno registrato flessioni via, via più consistenti e tuttavia in Italia, negli ultimi 6-7 anni, il numero delle "morti oscure" è aumentato gradualmente fino a raggiungere, lo scorso 2007, la cifra di 1390: più della media dei marines caduti ogni anno dall’inizio delle ostilità in Iraq.

 

Tuttavia, fra l’America in cui veniva costruito l’Empire State Building (1931) e l’Italia dei nostri giorni, qualche analogia sembra esserci: la crisi economica, per es., con il suo doloroso strascico di precarietà per i lavoratori. Questa ideale vicinanza spazio-temporale era graficamente rappresentata nel soggetto della locandina (elaborata da una foto d’epoca di Charles C. Ebbets) da me realizzata per "In bilico tra Sicurezza e Lavoro", il convegno che oltre tre mesi fa ha sancito la riaffermazione del sindacalismo di base come unica realtà in grado di contrastare sul territorio l’offensiva di parte politica, imprenditoriale e sindacale contro il Welfare (dal fondo di questa pagina è possibile scaricare, nel formato di Windows Media Player, i filmati di alcuni degli interventi, fra cui due filmati relativi all'intervento conclusivo di Diego Margon).

 

Il problema della Sicurezza e le possibili soluzioni

Attorno ai problemi sollevati in quella sede le discussioni all’interno dell’organizzazione non sono ancora concluse. La relazione che esiste fra sicurezza e condizioni di vita generali dei lavoratori è stata stigmatizzata in molti interventi: non è possibile ottenere rilevabili miglioramenti su un fronte, senza intervenire anche sull’altro e viceversa. Fondamentali sono, quindi, i livelli retributivi che dovrebbero essere tali da non costringere il lavoratore a considerare lo straordinario come unica soluzione per superare la terza settimana del mese. Il ricorso a precariato e esternalizzazioni sono altre concause dell’aumento di incidenti sul lavoro, insieme a una normativa che non pone più limiti al numero giornaliero di ore di lavoro ma definisce le pause di riposo minime, consentendo – di fatto – l’estensione dell’orario giornaliero a 12-13 ore (Decreto legislativo 66/2003 attuativo delle direttive comunitarie 93/104/CE e 2000/34/CE). Su questi fronti le posizioni di RdB-CUB sono chiare da sempre: in tutte le occasioni abbiamo sempre ribadito la necessità di tornare a qualche forma di indicizzazione dei salari, così come sempre la lotta al precariato è stata una delle nostre priorità. Altre ipotesi di azione da intraprendersi per risolvere più specificatamente il problema della sicurezza sono state pure avanzate: in un paese la cui imprenditoria si sente sempre meno vincolata a qualsivoglia scrupolo di legalità, sanzioni che possano decurtarne cospicuamente i previsti margini di guadagno possono – ad avviso di chi scrive – avere una qualche efficacia deterrente, ma solo se si è in grado di organizzare efficaci sistemi di controllo. La prevenzione è la retta via da seguire, ma essa passa anche attraverso un sistema sanzionatorio tale da rendere economicamente insostenibili le violazioni. La recente approvazione del nuovo testo unico sulla sicurezza va certamente (anche se con notevole moderazione) in questa direzione. Le obiezioni sollevate da parte delle destre – che il legislatore, nella sua ansia di punire, non si sia preoccupato, invece, di prevenire - sarebbero condivisibili se non fossero strumentali. Fondamentale è, quindi, il ruolo della Pubblica Amministrazione al cui interno si collocano gli enti istituzionalmente demandati al controllo: INAIL, principalmente, ma anche (nei limiti indicati da Giorgio Peruzio nel suo contributo al convegno scaricabile, dal fondo di questa pagina, nel formato di Acrobat) l’INPS. Purtroppo le politiche di ridimensionamento che li riguardano (blocco del Turn-over, tagli di bilancio ed esternalizzazioni) sembrano destinate a subire drastiche accelerazioni dopo le ultime elezioni amministrative. Dure lotte ci attendono, anche per restituire loro quello status di "laboratorio" del diritto del lavoro che alcuni relatori al convegno hanno sottolineato e che il nuovo governo sembra, invece, determinato a mettere in discussione (si veda il nuovo "Piano Industriale per la Pubblica Amministrazione" del ministro Brunetta, scaricabile dal sito della Federazione Nazionale) scatenando una nuova offensiva di contenimento della spesa pubblica mediante una demagogica caccia al fannullone. Altre proposte, attorno alle quali si è anche incominciato a lavorare, sono già state illustrate nell’articolo "La Morte Bianca ha colpito ancora", pubblicato il 3 marzo 2008 in questo sito. Intanto il contatore su internet, all’indirizzo www.cadutisullavoro.it/ecostiera07112007.htm segna, per questi primi mesi del 2008, 423.372 infortuni, 423 morti e 10.584 invalidi. 

 

 

Per chiudere il cerchio e tornare all’America, Zinn racconta altre cose che dovrebbero farci riflettere: che nel corso della sua storia il popolo ha imparato a non aspettarsi niente da governanti che, sotto opposte bandiere, fanno gli interessi di una medesima classe dirigente e che, se vuole qualcosa, deve prendersela lottando in prima persona. Sono queste, lezioni che dovremmo imparare se vogliamo tener testa al nuovo corso…

 

…Per intanto si consiglia l’istruttiva lettura del libro di Zinn. E’ fuori catalogo, ma si può ancora trovare su internet. Il titolo italiano è: "Storia del popolo americano dal 1492 a oggi", Ed. Il Saggiatore, 2005. Chi conosce l’inglese e non vuole spendere può scaricarlo gratuitamente all’indirizzo internet:

www.historyisaweapon.com/zinnapeopleshistory.html

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