LA MORTE BIANCA HA COLPITO ANCORA

Torino -

Venerdi 29 febbraio 2008, in agguato su un molo del fronte del porto di Genova, la “Morte Bianca” ha colpito ancora: si è portata via la vita di Fabrizio, già segnata da un analogo, mortale incidente occorso al padre. Un’altra vittima si aggiunge al lungo bollettino di quella che, ormai, è diventata una vera e propria guerra. Lo scorso anno, il nostro Paese ha segnato un record negativo nelle statistiche degli incidenti sui luoghi di lavoro col compiersi, nell’ultimo mese, di un’autentica strage alla Thyssen-Krupp di Torino. “Morti bianche” le chiamano, come chiamavano qualche decennio fa le morti senza causa apparente dei neonati nella culla ma, dietro questo slittamento di significato, a noi sembra nascondersi un intento, almeno parzialmente, assolutorio. Così da questo momento in poi non useremo più questo termine per definire le morti da incidente sul luogo di lavoro; al contrario, le definiremo “morti oscure”. Certamente oscura è la morte di Fabrizio - alla cui famiglia va tutta la nostra solidarietà - almeno fino a quando l’inchiesta della magistratura non ne avrà definito la dinamica e le eventuali responsabilità. Ma, posto che tali responsabilità vi siano e che siano correttamente individuate, cosa può fare una organizzazione sindacale di base quale la nostra per contribuire alla soluzione del problema?

Uno specifico convegno si è tenuto, a Torino il 23 febbraio scorso, sotto l’egida della CUB, dei COBAS e dell’SdL, e fra i relatori invitati, il Magistrato del Lavoro Raffaele Guariniello[1] ha evidenziato alcuni punti che ci sembrano particolarmente importanti per dare una risposta a questa domanda:

 

  1. La Legge n. 123 del 3 agosto 2007 ha reso concretamente applicabili due tipi di responsabilità da reato delle imprese, oltre a quella penale delle persone fisiche nell’ambito dell’azienda: la responsabilità amministrativa e la responsabilità nei confronti dell’INAIL al quale già l’articolo 11 del DPR 1124 del 1965 aveva riconosciuto il cosiddetto “diritto di regresso” nei confronti del datore di lavoro. L’INAIL ha, cioè, facoltà di richiedere direttamente all’azienda il rimborso di quanto versato al lavoratore e alla sua famiglia in conseguenza di incidente sul lavoro provocato dalla mancata applicazione, da parte dell’azienda, delle norme per la sicurezza nel luogo di lavoro. Tuttavia l’INAIL, fino ad ora, ha esercitato questa facoltà solo raramente.
  2. La necessità di affiancare alle buone leggi, controlli efficienti eseguiti da personale adeguato sia per numero che per livelli di formazione.
  3. La scarsa preparazione professionale dei rappresentanti alla sicurezza dei lavoratori.

 

Le “buone leggi” illustrate da Guariniello sembrano, a noi, ancora perfettibili, per es. integrando al loro interno la possibilità, per le organizzazioni sindacali. di costituirsi parte civile in tutti i processi per inosservanza delle norme sulla sicurezza nei posti di lavoro (analogamente a quanto previsto, per es., per le associazioni a tutela dei consumatori). A tale proposito stiamo valutando l’opportunità di promuovere una raccolta di firme a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare che introduca questa possibilità nel testo della Legge n. 123 del 3 agosto 2007.

Quanto poi alla necessità di efficienza nei controlli esperiti dagli enti pubblici preposti, è nostro parere che i recenti tagli di spesa, accompagnati dal blocco del turn-over e da politiche incentivanti la produttività cieche alla reale qualità dei servizi, siano la vera causa dei limiti denunciati dal giudice Guariniello. Questa Federazione regionale, pur incontrando resistenze sia da parte della dirigenza a capo degli enti, che dell’apparato sindacale delle tre organizzazioni maggiormente rappresentative, si è sempre battuta contro queste logiche ritenendole pericolose per la sopravvivenza stessa del Welfare nel nostro paese, e si impegna per il futuro a non sottoscrivere accordi locali che possano pregiudicare l’efficienza e la qualità dell’azione di controllo.

La preparazione professionale dei rappresentanti della sicurezza per i lavoratori, a nostro avviso, è segnata dalla loro ricattabilità all’interno delle aziende. Per quanto ci riguarda stiamo già attivandoci per istituire presso la nostra sede dei corsi specifici a loro destinati, ma siamo convinti che ogni tentativo formativo sia destinato, nei fatti, a fallire se non si pone mano al loro status giuridico con specifiche leggi che possano rafforzarne l’indipendenza d’azione e di giudizio. Tuttavia i legislatori in questo momento pare abbiano altro a cui pensare…

                                                                                                                             

 

 


[1] Si vedano le registrazioni filmate scaricabili nel formato di Windows Media Player dal fondo dell’articolo “Tra Sicurezza e Lavoro, Mobbing e altro ancora”.